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Medical Lab e Sport: la Lesione muscolare “Tennis Leg”

Le lesioni muscolari sono tra gli infortuni più comuni nello sport, ma tra loro ne esiste una talmente frequente, in una determinata disciplina, da meritarsi il nome della disciplina stessa.
Stiamo parlando della lesione del polpaccio, comunemente definita “tennis leg”.

Il polpaccio è composto da tre muscoli principali: i gemelli, uno interno e uno esterno ed il soleo piu’ profondo.
Tutti e tre partono dalla regione posteriore del ginocchio e si fondono nel tendine d’ Achille che si inserisce sul calcagno.

In alcuni soggetti, parallelo a quest’ ultimo, tra le fasce del muscolo gemello e soleo decorre il tendine plantare gracile.
Proprio al plantare fu attribuita la responsabilità del primo “tennis leg” clinicamente descritto da Powell nel 1883.

Solo dopo diversi anni si capi’ che la raccolta fluida, che spesso si presentava tra il gemello mediale ed il soleo era da attribuire, solo raramente, all’ interessamento del plantare stesso.

Chi è colpito dal Tennis Leg e come si manifesta?

Il “tennis leg” colpisce generalmente pazienti oltre i 25 anni.
Il dolore insorge acutamente a livello della gamba, con sensazione di fitta o schiocco, che blocca la persona come se fosse stata colpita con un sasso o con un calcio.
Il movimento che provoca questo tipo di infortunio associa la flessione dorsale della caviglia, con la rapida estensione del ginocchio.
Nella maggior parte dei casi, le fibre interessate sono quelle del gemello mediale, mentre l’ interessamento primitivo del soleo e del plantare gracile resta raro.
In una percentuale di pazienti, invece, è presente solo un versamento tra le fasce dei due muscoli senza lesioni delle fibre.

Valutazione dell’infortunio: importanza dell’ecografia

Dopo l’ infortunio la priorità è valutare l’ integrità del tendine di Achille.
L’ associazione è rara, ma la clinica è molto simile e nelle lesioni non complete del tendine solo un accertamento strumentale puo’ essere dirimente.
La prima parola che ci deve venire in mente in questi casi è certamente: ecografia.
L’ esame non servirà solo per valutare l’ integrità del tendine, ma anche per escludere eventuali complicanze quali trombosi o sindromi compartimentali dovute a grossi versamenti interfasciali, che posso diventare delle vere e proprie emergenze.
Per tutti questi motivi la valutazione clinica non puo’ essere sufficiente.
L’ ecografia, come sempre in mani esperte, è in grado di diagnosticare con precisione l’ entità della lesione, valutare gli eventuali rischi di complicanze e impostare correttamente il trattamento.
Per questo affidarsi ad un Medico dello Sport con competenze ecografiche, puo’ fare la differenza.
L’ approccio deve essere sempre attivo: il carico, salvo rarissimi casi, deve essere sempre concesso per ridurre il rischio trombotico e favorire il recupero dell’ atleta.
Prediligere il carico protetto allo scarico.
Il bendaggio o la calza compressiva al gesso.

Le stampelle possono essere utilizzate fino a quando lo schema del passo non è completo.
Il calore è utile dopo 24-48 ore dall’infortunio e la terapia strumentale con il fisioterapista è molto importante.

Riabilitazione: dall’acqua alla palestra

Nella prima fase, una grossa mano puo’ darcela il lavoro in acqua, qui possiamo recuperare al meglio lo schema del passo e la forza in maniera sicura in considerazione del carico parziale.
In palestra via libera al lavoro in catena aperta, senza il piede per terra insomma, da subito.
Per il lavoro in carico attendiamo il via libera dello specialista.
L’ evoluzione di solito è molto positiva e lesioni ,anche complesse, dopo alcuni giorni permettono al paziente di muoversi abbastanza bene nello spazio; ma per saltare, correre e giocare a tennis questo non basta e le recidive, circa il 13% nei primi due mesi, sono dietro l’angolo.
Qui l’ ecografia e l’ esperienza del Medico dello Sport diventano di nuovo fondamentali. Certifichiamo la cicatrizzazione ecografica, ma non dimentichiamoci che il lavoro di forza e il recupero del gesto specifico con il fisioterapista in palestra, e’ ancora piu’ importante della parte strumentale.
Chiedete sempre la Medico una diagnosi precisa, una prognosi ed un’ idea di percorso. Come si dice…chi sa fa.
Chiudiamo facendo gli auguri al nostro “Tennis leg” per i suoi 140 anni e chissà che tra qualche anno non la chiameremo “Padel leg”.
I tempi cambiano, ma gli infortuni restano…e allora…buona riabilitazione a tutti.

Dott. Luca Semperboni

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